Con il passare dei mesi si sta chiarendo anche l’impatto della malattia in ambito dermatologico. «Nel nostro campo, come in altri, è ancora quasi tutto da scrivere», spiega Marta Carlesimo, dermatologa e docente alla Sapienza Università di Roma. Tra le manifestazioni cutanee riportate nel long COVID rientra la persistenza di alcune di quelle sviluppate nella fase acuta dell’infezione, per lo più le eruzioni papulo squamose, la livedo reticularis (un disturbo della circolazione cutanea in cui compaiono chiazze a rete violacee) e il telogen effluvium (un’abbondante caduta di capelli).
Inoltre, riportata sempre più spesso, l’insorgenza di rash orticarioidi pruriginosi di entità variabile, che talora perdurano anche mesi dopo la negativizzazione. Questi sono, senza dubbio, solo una parte degli effetti di una malattia infiammatoria sistemica che possiamo letteralmente vedere sulla nostra pelle. «Tutte le forme di reazioni di prurito, di eritema e di manifestazioni simil-orticarioidi, che hanno interessato tante persone durante e dopo la fase acuta della malattia, sono vere e proprie manifestazioni post COVID che, se non diagnosticate in modo corretto, possono essere erroneamente inquadrate come reazioni allergiche. Io in due anni di esperienza sul campo mi sono fatto l’idea che la sindrome di attivazione mastocitaria, che si sta studiando come aspetto dell’infiammazione da COVID, sia molto più diffusa di quanto sia stato finora evidenziato», dice Carlesimo.
Il problema può andare oltre la pelle. Il mastocita è una cellula presente in tanti tessuti, non solo nella cute, e ha la funzione di produrre e liberare sostanze come l’istamina in reazione a tanti fattori, anche immunitari, provocando come effetto visibile rash cutaneo e prurito. «Il primo passo per la diagnosi è il cosiddetto dermografismo, cioè la comparsa di una linea rossa sulla cute che rimane come segno dopo una semplice pressione lineare sulla pelle. Una risposta di questo tipo significa che il mastocita presente sulla cute è infiammato. E se è infiammato quello cutaneo, è un’ipotesi solida che l’infiammazione riguardi anche gli altri tessuti», spiega Carlesimo.
Restano poi tanti altri interrogativi: quanto una risposta immunitaria aberrante possa promuovere sia la slatentizzazione di malattie cutanee di natura autoimmune, sia il peggioramento di patologie preesistenti come psoriasi o dermatite a topica, e quante delle manifestazioni cutanee siano in realtà psicoindotte.